TECNICHE PER DIVENTARE UN ORNITORINCO

Elisabetta Consonni

Quando questo animale fu scoperto alla fine del Settecento, una pelle fu mandata in Gran Bretagna per essere esaminata dalla comunità scientifica. Gli scienziati in un primo momento si convinsero che quell’insieme a prima vista bizzarro di caratteristiche fisiche dovesse essere un falso, prodotto da qualche processo di imbalsamazione. E invece era l’ornitorinco”. (Wikipedia)

Tecniche per diventare un ornitorinco è una costellazione di pratiche/esercizi a cui il pubblico è chiamato a partecipare seguendo un percorso diverso per ogni persona. Le diverse postazioni invitano ad un deragliamento rispetto alla logica; delle piacevoli missioni impossibili per andare ad intercettare alcuni aspetti personali del sapere che rifuggono da una funzionalità.L’attenzione viene spiazzata e sorpresa; il proprio sapere perde l’equilibrio lasciando spazio a intuizioni o saperi che non si credeva fossero tali. L’ambiente creato sembra una palestra per liberare una parte della propria conoscenza dal dover servire a qualcosa e saltano, quindi, i criteri che pongono un sapere al centro e gli altri al margine. Nella vertigine del non sapere, si dischiudono possibilità e si creano mondi: anche l’ornitorinco diventa possibile.

HOW TO BECOME A PLATYPUS

“When this animal was discovered at the end of the 18th century, a skin was sent to Great Britain to be examined by the scientific community. Scientists were at first convinced that this bizarre set of physical features must have been a fake, produced by some embalming process. Instead, it was the platypus‘. (Wikipedia)

How to become a platypus is a constellation of practices/exercises where the audience is invited to participate by following a different path for each person. The different stations invite to a derailment from logic; pleasant missions impossible to go and intercept some personal aspects of knowledge that refuses functionality. Attention is displaced and surprised; what we consider our knowledge loses balance, leaving room for intuitions or knowledge that one did not believe to be such. The environment is a training to free a part of one’s knowledge from having an utility, and the criteria that place one knowledge at the centre and the others at the margins are thus skipped.

In the vertigo of not knowing, possibilities open up and worlds are created: even the platypus becomes possible.

Credits

Concept e direzione Elisabetta Consonni

costruito in collaborazione con Alessandro Tollari e Barbara Stimoli 

Con la partecipazione di Francesco Dalmasso e Elisa D’Amico

Accompagnamento drammaturgico di Silvia Bottiroli

Con il supporto di Lavanderia a Vapore. 

Co-produzione: Fattoria Vittadini, Base Milano, Le Alleanze dei Corpi.

il 13 Ottobre 2024 15:00 a Base Milano

Elisabetta Consonni coreografa tutto, essere umani e disumani, oggetti mobili e immobili, mappe, interstizi e gruppi vacanze spaziali. Tesse reti di relazioni, sottili e forti, come il vetro di zucchero.
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sulla costruzione sociale del corpo nella danza, frequenta The Place- London Contemporary Dance School (2004-2005) e approfondisce indipendentemente la ricerca in ambito performativo in Olanda (2005-2009) e in Polonia (2013-2015). I suoi lavori Maquillage (2007), Fotoritocco ( 2012), Plutone (2016) e And the colored girls say: doo da doo da doo da doo (2018 ) tenta di espandere la pratica coreografica cercando dispositivi performativi per incorporare un discorso sociale.
Il suo attivismo in ambito sociale e civico prende la forma artistica di un processo di ricerca dal nome Ergonomica che dal 2013 indaga l’uso e il significato sociale dello spazio pubblico e la declinazione delle competenze coreografiche nel lavoro con gruppi marginalizzati. All’interno del progetto realizza le azioni site specific We want to become architecture e Go with the flow (Polonia, 2014), la costruzione coreografata di Pompenpurg Park (Rotterdam, Biennale di Architettura 2014), Il secondo Paradosso di Zenone (2016), Abbastanza Spazio per la più tenera delle attenzioni (progetto per la Biennale Danza di Venezia 2016) e cura, assieme a Connecting Cultures, il simposio Spazio Ergonomico (sempre nell’ambito di Biennale Danza 2016). Nel 2019 vince il bando Open- Creazione [Urbana] Contemporanea con il progetto site specific Ti voglio un bene pubblico.

ergonomicaproject.wordpress.com